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Economia della Bellezza sfiora 600 miliardi, 29,2% del Pil
Il rapporto di Banca Ifis, 2023 anno record (+19% sul 2022)
L' "Economia italiana della Bellezza" vale 595 miliardi e sfiora quota 600, rappresentando nel complesso il 29,2% del Pil nazionale. Il 2023 è stato un anno record, con una crescita del 19% rispetto all'anno precedente. E' quanto calcola il tradizionale rapporto annuale realizzato da Banca Ifis nato con l'obiettivo di valorizzare quel comparto trasversale del tessuto imprenditoriale nazionale che, valorizzando il bello e il saper fare artigiano, rappresenta l'eccellenza del Made in Italy. "Il progetto Economia della Bellezza è nato quattro anni fa con l'ambizione - ha dichiarato Ernesto Fürstenberg Fassio, Presidente di Banca Ifis - di costruire una piattaforma per valorizzare il patrimonio italiano di Bellezza. Un patrimonio che si esprime come in nessun altro Paese al mondo anche nell'industria e che l'Italia ha saputo esaltare trasformando arte, cultura, paesaggio ed eticità in valore economico. Questo valore economico, nel 2023, è aumentato, sia in termini assoluti sia nel contributo al sistema Italia, arrivando a 595 miliardi di euro e sfiorando il 30% del valore complessivo del Prodotto Interno Lordo italiano". Secondo i dati raccolti da Banca Ifis, l'economia italiana della bellezza cresciuta a 595 miliardi di euro segna un aumento del 19% rispetto ai 499 miliardi di euro di fine 2022, grazie soprattutto all'aumento dei settori moda, cosmetica, enogastronomia e turismo culturale. Complessivamente, il comparto genera il 29,2% dell'intero Pil nazionale, in aumento di 3 punti percentuali rispetto al 26,1% del 2022 e addirittura di 5 punti percentuali rispetto al 2021. Merito di un indotto costituito da oltre 346mila imprese che, nella sua analisi, la Banca ha suddiviso in tre ambiti: le imprese del turismo culturale e paesaggistico, imprese "design-driven" attive nei settori per esempio dell'Agricoltura, dell'Automotive, della Moda, del Sistema Casa e della Cosmetica, e imprese "purpose-driven", che si contraddistinguono per il loro modo etico e responsabile di fare impresa. Un ecosistema che, dunque, considera non soltanto le aziende tradizionalmente associate alla bellezza, ma anche quelle dei settori industriali e produttivi e, soprattutto, le realtà che al "fatto bene" aggiungono la capacità di generare un impatto sociale positivo su comuni, province, regioni, pmi, territori e persone. Il valore del saper fare artigiano e del Made in Italy. Oltre al peso sul Pil, dallo studio condotto da Banca Ifis emerge che alla base del successo del Made in Italy ci sono il "saper fare" artigiano e la possibilità di personalizzazione. Elementi che permettono al Bel Paese di spiccare nell'offerta globale e di competere sui mercati internazionali. Una analisi condotta sui cinque principali mercati di riferimento per l'export italiano (Cina, Regno Unito, Stati Uniti d'America, Germania e Francia) ben il 92% degli intervistati si dichiara disposto a pagare di più per acquistare prodotti che siano certificati Made in Italy. Stando alle risposte, i motivi di questa disponibilità sono sostanzialmente tre: alta qualità, attenzione ai dettagli e design ricercato.
P.Kolisnyk--CPN